Il Counseling
Esperienza della professione
Sono Counselor e amo molto questa professione. Il Counseling, prima ancora di essere un rapporto professionale, è un rapporto umano, dove si può creare un’alchimia speciale tra due persone. È un momento privilegiato di interazione in cui il counselor crea le condizioni per una comunicazione autentica, in modo che il cliente si senta accolto, ascoltato, accettato, compreso.
Una metafora significativa del Counseling l’ho tratta da un articolo di cui riporto un passo:
”Provate ad immaginare di entrare da soli in una stanza dove non siete mai stati e c’è buio pesto. Poi provate a immaginare di entrare nella stessa stanza insieme ad una persona che con una lanterna illumina quello che c’è. Avrete la possibilità di guardarvi attorno, il vostro passo sarà più sicuro, la scelta di quali oggetti potrebbero servirvi più semplice. La persona con la lanterna è una metafora del counseling, professione affermata a partire dagli anni Trenta negli Stati Uniti e poi via via nei paesi del Nord Europa. Ciò che fa il counselor è accompagnare un individuo in un periodo di difficoltà emotive e relazionali in cui ha bisogno di fare luce dentro di sé. Ha bisogno di vederci chiaro, per l’appunto, per scoprire e attivare risorse che possiede già. Proprio come gli oggetti che nella stanza ci sono, ma al buio non si vedono. Da soli non è semplice, a volte impossibile. Per fare questo è fondamentale che il counselor abbia, a sua volta, fatto luce dentro di sé e sappia stare in contatto con la propria esperienza. Non potrebbe altrimenti accettare autenticamente l’altro con accoglienza e riservatezza nel rispetto dell’unicità della persona che viene “aiutata ad aiutarsi”, al fine di recuperare la propria lanterna in quella stanza buia. Così può proseguire il cammino facendosi luce da sola”.
(“Un counselor per fare luce”, Giornale Vita Trentina, 7 ottobre 2012)
Non è stupendo porsi accanto ad un’altra persona per far luce nel mondo interno e imparare a riconoscere ciò che c’è? Riconoscere le parti che ci costituiscono, quelle che ci infastidiscono, quelle ferite, che richiedono cura, ascolto, attenzione. Abbiamo un mondo interno molteplice, ricco e variegato! Come raggiungere il centro?
Il counselor trasmette attraverso il suo essere. Il counselor nell’incontro con l’altro partecipa della danza della vita, dove il primo accompagna l’altro a trovare le soluzioni per le problematiche che lo attanagliano o per scoprire il proprio mondo interiore. Il counselor non detiene le chiavi d’oro del regno interno delle persone che lo interpellano. Queste spesso credono erroneamente che il professionista sia un dispensatore di consigli ‘magici’ e risolutivi delle proprie tematiche di vita, dei propri stati emozionali.
Personalmente, percepisco la figura del counselor come l’Arianna mitologica che, tendendo il filo d’oro (della competenza professionale con tutta la ricchezza di studi, comprensioni raggiunte, sviluppi conseguiti, maturità personale e transpersonale a cui è pervenuto), permette al cliente di addentrarsi nei meandri della propria interiorità avviluppata e di trovare la porta d’uscita del proprio Labirinto. Oppure, meglio, gli permette di percorrere le vie labirintiche, senza smarrirsi, fino ad arrivare al centro del proprio essere.
L’immagine dell’antico Labirinto della basilica di Chartres ci trasmette delle suggestioni simboliche sulla ‘struttura’ del percorso del Lavoro su di noi.
Foto del Labirinto di Chartres